Secolo XVII
Il 600 appare privo di episodi significativi per Castiglione ed Appignano. I due centri, come tutti gli altri feudi della baronia, sono continuamente sul bando di vendita degli Acquaviva, cui puntualmente ritornano ad ogni scadenza di fitto pluriennale.
Nel 1607 Castiglione è acquistata per 4.000 ducati da tale dott. Giordano.
Nel 1617 Appignano è in mano di Cesare de Scorpionibus.
Tra il 1622 ed il 1625 Castiglione è venduta da Mons. Giuseppe Acquaviva a Diana di Capua, duchessa di Laurenzano.
Mario e Carlo Pansa confermano che nel 1623 “Castiglione di Ramondazzo” ha chiesa parrocchiale con pulpito e battistero intitolata a S. Nicola e retta da un arciprete, oltre alla chiesina di S. Antonio ed un hospitiolo per i poveri, che nel suo territorio ha la “Abbatia di S. Maria ad Loquianum” detta altrimenti “ad Locum Iani”, che S. Giorgio Castello è diruto, che Appignano ha la chiesa parrocchiale di S. Pietro con titolo di Prepositura, con pulpito e battistero, oltre alla chiesa di S. Maria ed al monastero dei Frati Conventuali di San Francesco fuori delle mura.
Il 28 luglio 1633 Castiglione, con le terre di Notaresco e Cantalupo, è venduta per il prezzo di 16.024 ducati da Mons. Acquaviva, vescovo di Tebe, alla Duchessa Diana di Capua; la vendita, con assenso regio, fu fatta per sette anni. Allo scadere del settennio la duchessa Diana deve aver avuto la conferma dei feudi acquistati in quanto il 30 marzo 1641 li subaffitta per procura a Francesco Concublet, marchese d’Arena.
Nel 1648 la popolazione di Castiglione è aumentata ad 830 abitanti, mentre quella di Appignano è stazionaria a 192 unità.
Alla morte del duca Francesco I d’Acquaviva, il figlio Giosia il 20 giugno 1650 chiede l’investitura dei feudi, dei quali precisa le entrate. La richiesta del duca denuncia un errore: le terre di Castiglione e Notaresco non erano appartenenti al padre Francesco bensì alla madre, la duchessa di Concublet, malgrado le terre in questione venissero sempre incluse nello Stato di Atri da quanti erano interessati ad ereditarle.
In questo marasma di fitto e subaffitto, è certo che il 16 novembre 1651 la duchessa di Laurenzano, Diana di Capua, vende per procura, con regio assenso, alla duchessa di Atri Anna Maria Concublet le terre di Castiglione, Notaresco e il feudo di Cantalupo.
In questo periodo si verifica in Appignano una crisi demografica che influenza di riflesso l’esistenza del suo convento francescano. Il 15 ottobre 1652 papa Innocenzo X ordina con bolla di sopprimere in Italia i piccoli conventi; chiude i battenti per sempre Santa Maria Lauretana di Appignano, tenuta dai Conventuali ed appartenente alla Custodia Atriana.
Nel 1656 scoppia a Castiglione una pestilenza, che fa diminuire il numero degli abitanti da 830 a 654, mentre in Appignano, feudo di Giovanni de Scorpionibus, ce ne sono 231.
Un ricordo della peste è la grande tela della Madonna dei Sette Dolori con S. Giuseppe, S. Rocco ed altro Santo commissionata dalla popolazione come ringraziamento per lo scampato flagello e forse posta originariamente nella chiesa di S. Rocco. Gli ultimi decenni del secolo non mostrano particolare interesse, se non per il fenomeno del banditismo.
A tale proposito, vale ricordare un episodio avvenuto ad Appignano. Il caporale Ciccotto di Cortino, fuggito fin dal 1678 dalla guerra di Messina, tornando ad Appignano dove ha una figlia sposata, cade nelle mani del capobanda Titta Colaranieri e viene decapitato il 7 gennaio 1683. La sua testa viene inviata al Preside di Chieti, Antonio Minutello.