Secolo XVI
Torniamo al Regno di Napoli che viene invaso e spartito tra Spagnoli e Francesi.
Scoppiata la guerra fra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII, il Duca di Atri fu ferito e preso prigioniero dagli Spagnoli; stipulata la pace con il trattato di Blois (ottobre 1505), Matteo riebbe la libertà e il Re Cattolico gli restituì il 20 novembre 1506 Castiglione, Appignano, Cellino, Montesecco e Bisenti, possedimenti confermati (28 luglio 1516) dal nuovo sovrano Carlo V e da sua madre Giovanna.
2 aprile 1517: un ignoto artista dipinge un affresco raffigurante S. Lucia nella chiesetta omonima (la data è ancora visibile sotto l’altare).
Andrea Matteo III nel governo dei suoi Stati veniva coadiuvato dal figlio Giovan Francesco Acquaviva, marchese di Bitonto, il quale il 21 aprile 1526 concesse all’Università di Castiglione uno Statuto con il quale regolare le cause civili: i Capitoli Castiglionesi furono redatti dal notaio Nicola Petrei, sulla base di quelli emanati qualche anno prima ad Atri. Nei capitoli viene sancito che il Duca può decidere le cause penali e civili, sia in primo che in secondo grado, comminando anche la pena di morte (jus sanguinis). Ha altresì il potere di concedere la grazia e di ridurre la pena. Altre regole importanti riguardano l’organizzazione, la tutela dei beni e le pene previste per i reati alle persone e alle cose.
Nel 1528 il Duca, da tempo in mano agli usurai ed immiserito dal costo delle milizie che aveva, vendette Castiglione a Giancarlo Brancaccio poco prima di perdere tutti i suoi Stati e di morire (29 gennaio 1529).
Giancarlo Brancaccio il 20 maggio 1530, come Signore di Castiglione, accetta ed approva lo Statuto e le ordinazioni rilasciate all’Università dal Marchese di Bitonto.
Il 26 dicembre dello stesso anno si riunisce nella casa della Comunità di Castiglione il Consiglio Generale, alla presenza del Capitano Baldassarre di Cello di Montesecco, e viene eletto il Reggimento “cinque per cinque” che governerà per quattro mesi, con l’aiuto di due massari esecutori e del Camerlengo.
In questo periodo Castiglione conta circa 500 abitanti mentre Appignano 182.
Giancarlo Brancaccio non ebbe vita facile nel suo possesso di Castiglione che era uno dei feudi per i quali gli Acquaviva erano indebitati.
Nel 1545 Castiglione registra un lieve incremento demografico passando a 583 abitanti.
Qualche anno dopo il Brancaccio, lamentandosi per gli abusi commessi da Giovan Antonio Acquaviva, secondogenito di Andrea Matteo che pretendeva quello che il Brancaccio aveva già pagato, rivendette Castiglione al Duca di Atri.
Nel 1561 Castiglione registra 610 abitanti mentre Appignano ne conta 237.
A partire dal 1567, per più di un decennio, Castiglione non fu sotto il governo degli Acquaviva: in questo anno per privilegio di Filippo II, Re delle Due Sicilie, Agostino Scorpione fu dichiarato barone di Villamagna e di Castiglione Messer Raimondo.
Nel 1575 signore di Castiglione è Gregorio Scorpione che invita il predicatore domenicano Serafino Razzi del convento di Penne a fondare una confraternita nel suo feudo.
Il Razzi parte a cavallo il 29 gennaio dopo il Vespro, con una guida percorre cinque miglia e giunge in serata a destinazione. L’indomani, celebrata la Messa, fonda la “Compagnia del Santissimo Nome di Dio” e il giorno dopo predica ancora al Vespro, facendo alquanto rifiorire la devozione per il Santissimo Rosario.
Frutto di questa visita è la fondazione di un’altra confraternita due anni dopo, l’8 maggio 1577 nella Chiesa di San Nicola (ora S. Donato).
Fabrizio Fabbri, dell’Ordine dei Predicatori, istituisce la confraternita del Rosario con l’obbligo di celebrare la festa del SS. Rosario tutti gli anni la prima domenica di ottobre per ricordare la battaglia di Lepanto (1571).
Nel 1580 Castiglione con molta probabilità è di nuovo in mano agli Acquaviva; nel 1586 Appignano fu venduta dal consigliere regio Antonio Lanario a Brunone Benvenuti.
Gli ultimi anni del 500 prende corpo il fenomeno del brigantaggio.
Uno dei maggiori esponenti era il bandito Marco Sciarra, detto “Il re della campagna”, uomo crudele e generoso, finito al soldo di Venezia che lo utilizzò contro gli Slavi. Molto conosciuto e temuto anche nel territorio di Castiglione. Morì intorno al 1595, scannato nel sonno dal suo amico Battistella.
Da notare come in questi anni, forse connesso al fenomeno del brigantaggio, si registri un certo decremento demografico: Castiglione conta 583 abitanti ed Appignano 192.
Nel 1597 Castiglione, con Montesecco e Bisenti, ritorna in possesso degli Acquaviva: Giosia, figlio del defunto Alberto, riottiene il feudo pagando al Sovrano un donativo, detto “relevio”, corrispondente alla metà delle “entrate”.